Matteo Gracis nel suo libro Canapa: una storia incredibile demolisce pregiudizi, luoghi comuni e demonizzazioni di una Pianta da sempre al fianco dell’uomo
Quanta confusione intorno alla canapa
“Spinello sì o spinello no? È una domanda stupida. La grande domanda è: che fine ha fatto la canapa? Come fa una pianta ad essere fuorilegge? Abbiamo messo fuorilegge una pianta. A causa di uno degli usi più stupidi. Fumarla è uno degli usi più stupidi. È come se tu bevi, ti viene un po’ di cirrosi e mettiamo fuorilegge la vigna!”
Nel 1997, Beppe Grillo in uno dei suoi monologhi affrontava così la demonizzazione della canapa. Una pianta colpevole di contenere un principio attivo, il THC o tetraidrocannabinolo, che se presente in alte percentuali dà effetti stupefacenti. Ma se il principio attivo viene controllato durante la crescita della pianta, la canapa è un’ottima materia prima in grado di sostituire i prodotti e i manufatti più inquinanti oggi in uso.
Autore: Matteo Gracis
Titolo: Canapa: una storia incredibile
Pagine: 192
Casa Ed.: Chinaski Edizioni
Prezzo: 18,00 euro
Intorno alla canapa, quindi, si è creata una gran confusione concettuale che ha portato a confondere gli effetti stupefacenti e l’uso che se ne potrebbe fare da un punto di vista tecnico.
Così, Matteo Gracis nel suo libro Canapa: una storia incredibile, giunto alla sesta ristampa e con circa dieci mila copie vendute, mette in ordine eventi storici, luoghi comuni e ricerche scientifiche per dimostrare come la battaglia contro la canapa non è solo una forma pregiudiziale di ostruzionismo ma soprattutto un atto controproducente per la società, la salute e oggi anche per l’economia.
Chi è Matteo Gracis
Rispondere alla domanda chi è Matteo Gracis non è semplice. A chi gli chiede “che lavoro fai?” lui risponde “un po’ di tutto”. Ma se vogliamo dare un’etichetta professionale alla sua vita, lui è giornalista, editore, attivista. Dalla nascita del suo primo progetto editoriale, il sito Enjoint aperto nel 2003, Gracis si è dedicato alla sensibilizzazione sull’uso della canapa come materia prima alternativa a diversi manufatti di origine chimica e contrario alla demonizzazione della cannabis. È fondatore della rivista e sito Dolce Vita, uno spazio che “tratta di stili vita alternativi, di canapa (dalla coltivazione all’utilizzo ludico, tessile, botanico, industriale e medico), attualità e politica, contro-informazione, decrescita e consumo critico, natura e sostenibilità, sociale e volontariato, eventi e manifestazioni, antiproibizionismo, etnobotanica e cultura psichedelica, musica, viaggi, cinema e libri, fumetti, body art, street are e desing, hi-tech, sesso. […] Non prende posizione riguardo l’uso di sostanze stupefacenti (qualunque esse siano), ma si limita a fornire le giuste informazioni a riguardo, invitando tutti ad una responsabilità personale e ad un’eventuale sperimentazione consapevole”. Insomma, Gracis è animatore di un autentico spazio di confronto e promotore di un approccio alle idee libero e liberale.
Canapa: 14.000 anni di storia
Torniamo al libro. La canapa è protagonista nei 14mila anni di storia che Gracis delinea ma al tempo stesso è protagonista della vita professionale e di attivista di Matteo. Il libro si apre con il racconto di un viaggio fatto con i genitori a Da Nang in Vietnam nel 1997 quando aveva quattordici anni. Il secondo capitolo prosegue con l’inizio della lunga storia della Canapa. E così fino alla fine del libro, i capitoli si alternano tra storia generale della canapa (e non solo) e storia personale. Sino al presente.
La presenza della canapa è attestata intorno al 12.000 a.C. nelle aree dell’Asia Centrale, a nord-ovest dell’Himalaya, e secondo recenti studi nello stesso periodo cresceva in Europa. Le tracce più antiche sono state ritrovate in Italia, nei pressi del lago di Abano in provincia di Roma, e risalgono all’11.500 a.C.
Da allora la canapa è sempre stata a fianco all’uomo, impiegata in quasi ogni ambito della vita. Il pioniere dello studio della Canapa è Shen Nung (III millennio a.c), imperatore mitico cinese al quale si fa risalire l’introduzione in Cina delle tecniche agricole. A lui si deve il Shen Nung Ben Ts’ ao, il trattato su cui si poggiano tutte le conoscenze della medicina tradizionale cinese e all’interno di esso c’è un’ampia trattazione sull’uso della canapa con un’analisi di ogni parte della pianta.
È il primo incontro tra canapa, medicina, salute e uomini. Gli studi sull’uso della pianta a fini terapeutici sono proseguiti fino ad oggi dopo aver subito un rallentamento nel ‘900.
Eppure, il mondo contemporaneo ha conosciuto i benefici medici della canapa sull’uomo. Intorno al 1860 appaino i primi studi sull’uso della cannabis per combattere la depressione e la melancolia. Le case farmaceutiche pubblicizzano addirittura caramelle a base di hashish, promosse come dei rivitalizzanti e antidepressivi. È il periodo in cui negli Stati Uniti iniziano a nascere i tonici per l’uomo nuovo che sta costruendo la grandezza tecnica e industriale dello stato che sarà di lì a poco la grande potenza del mondo. Questo uomo nuovo necessità di una spinta in più per affrontare il mondo, non può permettersi fiacchezza o stati depressivi. Così ai tonici e alla sconosciuta coca cola dalla ricetta segreta (inizialmente venduto come rivitalizzante), si affiancano i prodotti a base di canapa.
Essendo una pianta resistente in grado di crescere sia sulle alture dell’Asia centrale che nelle pianure europee (durante il fascismo erano noti i canapifici a Milano, Lodi e Ferrara per citarne alcuni) è sempre stata una materia prima impiegata nell’industria.
La prima Bibbia è stata stampata su fogli fatti di canapa, così come la prima copia della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. Le vele, le funi e parti dei legni delle caravelle di Cristoforo Colombo o le navi prodotte in Portogallo alla corte degli Aviz (immaginatela come la Nasa dell’epoca) erano fatte da fibre di canapa. Addirittura Henry Ford, già nel 1929, stava studiando un auto che oggi chiameremmo sostenibile. Gli ingegneri stavano lavorando ad una vettura costruita interamente da lino, canapa e paglia alimentata da etanolo di canapa: oggi lo chiameremmo biocombustibile.
Dunque, la Canapa è stata la materia prima protagonista delle rivoluzioni tra le più importanti al mondo. Il suo impiego (e gli esempi citati da Gracis sono tantissimi) ha permesso per anni il progresso sociale ed economico delle comunità umane. Ma allora perché è stata così demonizzata e tutt’ora viene osteggiata?
La canapa uccisa dal profitto
È stata la seconda rivoluzione industriale ad affossare l’uso della canapa. Due esempi su tutti, il cotone e la carta. Con l’introduzione di fertilizzanti ed agenti chimici, il cotone divenne la fibra più usata nel settore tessile ed una camicia se negli anni settanta del ‘700 costava fino a duecento volte in più di una in canapa, un secolo dopo sarebbe costata la metà. Invece, per quanto riguarda l’uso di fogli di canapa sono stati l’editoria e il giornalismo a renderli obsoleti. La diffusione della romanzistica, dei quotidiani (la maggior parte nati nella seconda metà dell’800) richiedevano l’impiego di un materiale meno dispendioso nella lavorazione: la divisione della corteccia della canapa dal tronco veniva fatta ancora a mano. Insomma, industrializzazione, progresso tecnologico, profitto, ottimizzazione e cambio dei costumi sociali sono stati i fattori che hanno reso obsoleta la canapa.
Poi ci sono tre nomi su tutti che hanno osteggiato e bloccato l’uso della canapa. Gracis lo racconta nel capitolo 6 dal titolo Caccia alle streghe in cui espone precisamente i fatti e gli eventi che uccisero la canapa.
Il primo nome è di William Randolph Hearst. Forse questo nome non vi dirà nulla, ma è stato colui che ha ispirato il personaggio diretto, scritto ed interpretato da Orson Welles in Quarto potere, Charles Foster Kane. Hearst non era solo l’editore di alcuni giornali negli Stati Uniti, era anche un imprenditore del legname. Alcune sue piantagioni erano legno per produrre la carta.
Il secondo nome è Lammont Dupont che dagli anni ’20 registrò prodotti derivati dal petrolio come nylon, naflon, lycra e teflon.
Il terzo nome è quello di Andrew Mellon, importante banchiere nonché Ministro del Tesoro degli Stati Uniti e proprietario della Gulf Oil.
C’è da aggiungere altro? Non è detto che i tre si parlassero e complottassero insieme, ma è chiaro come uomini noti e facoltosi dell’epoca avessero altri interessi che appoggiare l’uso della canapa. Il resto viene da sé e Gracis lo racconta dettagliatamente.
La canapa oggi
Oggi le parole sostenibilità, economia circolare, green new deal sono diventate di uso quotidiano. Il cambiamento climatico, l’innalzamento della temperatura terrestre e l’uso smisurato delle materie prime stanno spingendo la società a ripensare il modo di produrre e di usare le risorse a disposizione. La canapa è tornata di moda, anche se non si tratta di questo ma di una vera e proprio rivalutazione della pianta. I benefici erano già noti dal tredicesimo secolo a.C. e solo oggi li stiamo riscoprendo. Le fibre di canapa oggi vengono usate per la stampa 3d. Gli scarti di queste fibre sono costituiti per l’80% da cellulosa utile per creare la bioplastica. L’alimentazione a bioetanolo di canapa e mais (simile all’idea di Ford) inquina meno di un’auto elettrica.
Insomma, le materie chimiche hanno spinto il progresso economico e sociale tra l’800 e il ‘900, con enormi danni all’ambiente. Bene, o l’uno o l’altro. Oggi, però, è arrivato il momento di ripensare i nostri modi di produrre e consumare. La canapa può essere il punto di partenza con un’esperienza di 14.000 anni.