Nancy Pelosi ha proposto la rimozione delle statue confederate da Capitol Hill. Negli Usa ci sono oltre 1700 monumenti ai confederati
Questa è la ballata di Bo e Luke,
Due ragazzi che hanno una marcia in più.
[…] La vita va tranquilla nel profondo sud.
Attenti a fare i conti insieme a Bo e Luke.
Ricordate i due ragazzi scapestrati che vivevano con lo Zio Jesse (come vuoi che si chiami uno degli stati del Sud) ad Hazzard County? Ricordate che nome avevano dato Bo e Luke all’arancione Dodge Charger del ’69? Ultima domanda, quale bandiera era disegnata sul tetto?
Sto parlando del telefilm americano degli anni ’80, The Dukes of Hazzard. È di oggi la notizia che Amazon Video ha cancellato dalla sua offerta on demand il telefilm proprio perché colmo di riferimento ai confederati. Tipico degli Stati Uniti dopo la sospensione di Via col Vento (in attesa di riprogrammazione con spiegone, dichiarando così il fallimento dell’educazione scolastica e sociale statunitensi) ; oppure con l’epurazione di Kevin Spacey da House of cards dopo il falso scandalo degli abusi su un collega sedicenne, ma questa è un’altra storia sebbene sempre tipica americana.
Nancy Pelosi e le statue confederate
La divagazione pop era dovuta e non va per niente presa alla leggera. Torniamo, però, ai Confederati e agli Stati del Sud. La democratica Nancy Pelosi, la Presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ha inviato una lettera alla commissione congiunta di Camera e Senato che si occupa della biblioteca e della collezione di statue di Capitol Hill. Argomento? La rimozione immediata delle statue di uomini collegati con la storia confederata “fatta di razzismo e schiavitù”. Mi chiedo, così su due piedi, se in questa rimozione della memoria, bella o brutta che sia, rientri anche Thomas Jefferson padre costituente ma allo stesso tempo proprietario di terreni lavorati da schiavi (oh, e che vuoi dirgli, era l’uso del tempo).
Capitol Hill non è l’unico luogo dove sono conservate statue di confederati. La Southern Poverty Law Center è una fondazione statunitense con l’obiettivo di combattere l’odio sotto tutte le sue forme, razziale, di genere, di classe, e portare avanti campagne di sensibilizzazione e alfabetizzazione sulla tolleranza.
La fondazione ha cercato di mappare tutte le statue, monumenti o memoriali dedicati a uomini della storia confederata.
In totale sono 1.747 simboli distribuiti soprattutto in quelli che erano i 13 stati confederati. Cliccando su ogni pin della mappa, appare un’infowindow con i dettagli del monumento: nome, città, anno di inaugurazione, anno di demolizione e alto.
Il nome più ricorrente è quello del Generale Robert E. Lee al quale sono stati dedicati 230 simboli.
La timeline riassume l’anno di inaugurazione del monumento, il colore ne descrive il tipo di simbolo, i filtri in alto vi permettono di osservare la distribuzione per stato.
Finale dovuto
Una precisazione. Sia ben chiaro che Black lives matter e I can’t breathe non hanno nulla a che fare con la distruzione di statue e monumenti. I primi sono una richiesta sacrosanta di diritti, la seconda è populismo. Si, perché distruggere statue e monumenti, nel 2020, senza una dovuta e adeguata riflessione sugli eventi storici: è populismo. È un fallimento di tutti. Un fallimento del sistema scolastico ed educativo. Un fallimento sociale e politico. Come scopare la polvere sotto il tappeto, ma prima o poi sto tappeto lo sposterai e lo schifo torna a galla. Una volta abbattuta la statua del generale, dello schiavista o di qualunque altro individuo incompatibile con la visione attuale del mondo, il problema razzismo resta. Ed in beceri individui, aumenta ancora di più l’odio nei confronti delle minoranze e di colui che per loro è il “diverso”.
Ah si, la risposta alle domande in apertura. La macchina si chiamava Generale Lee, il confederato dei 230 simboli. La bandiera era quella sudista dei confederati.